Le Gole di Toudra e le vertigini

Siamo a Le Gorges Du Toudra, nel sud del Marocco. Delle “gole”, simili ai canyon dell’Arizona, che si ergono intorno ad una piccola oasi circondata da centinaia di chilometri di arido deserto.

Un luogo pacifico che vive di pochissima agricoltura e ancor meno di turismo. Eppure, per una ristrettissima cerchia di appassionati scalatori, è un posto da sogno abbastanza rinomato. Ci sono decine di percorsi di vario livello, e una via ferrata, fruibili gratuitamente se si ha con se l’attrezzatura e la competenza sufficienti. Ho scoperto questo posto grazie a Sophie Hardy, un’istruttrice di scalata canadese, conosciuta in Marocco, per la quale una tappa nelle gole di Toudra era obbligatoria. L’opportunità di scalare in un posto quasi incontaminato, a sua detta, è un’esperienza da non perdere.

In uno dei due soli Hotel presenti nel villaggio, incontriamo colui che ci avrebbe fornito, ad un prezzo ridicolo dopo una vivace trattativa, le corde e imbracature necessarie. È un uomo sulla sessantina, lunga barba grigia.

Vende dei tappeti sulla strada accanto all’hotel, riservato ma abbastanza amichevole, con una palese voglia di guadagnare. Un po’ come tutti.

Ci porta in una casa abbandonata, scura e malridotta in cui probabilmente abita qualche roditore, dove conserva tutta l’attrezzatura. Questo rende il tutto diverso dagli standard logistici occidentali e molto più eccitante per gli scalatori avventurieri e per me.

Con l’attrezzatura, il supporto dell’esperta, il coinvolgimento e l’atmosfera fuori dal comune, abbiamo trascorso due giornate di scalate intense. Sophie ha potuto portare la sua passione in uno sfondo nuovo ed emozionante, io ho lottato con le mie vertigini e spinto il mio corpo a nuovi limiti, terminando scalata di 25 metri e via ferrata di 100 con impegno e con il sorriso.

Solo alla fine della breve permanenza nelle Gole di Toudra, scambiando due parole con l’uomo con la barba, scopriamo essere uno dei primi scalatori della zona ed essere il creatore e costruttore della via ferrata.

A giudicare dalla casa in cui erano riposte le imbracature, è facile immaginare in che condizioni abbia potuto costruire quel meraviglioso percorso, fatto di grossi chiodi incastonati nella roccia, 30 anni prima.

Preso coscienza di ciò, anziché pensare alla pericolosità della scalata fatta il giorno prima, sono più consapevole dell’incredibile esperienza che ho vissuto, rendendo omaggio, nel mio piccolo, all’uomo dalla lunga barba grigia.

Stefano Guglielmi

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